Un’economia dei diritti: unica strada per il futuro

La seconda sessione dei lavori a Cinisi ha affrontato i temi del lavoro, della previdenza e della salute

La seconda sessione dei lavori a Cinisi, moderata da Adriano Sgrò, tiene assieme il binomio economia-diritti, nelle sue tante e complesse sfaccettature.

La questione previdenziale è al centro dell’intervento di Michele Raitano, docente all’Università ‘La Sapienza’ di Roma, che si sofferma sulla necessità che “il mercato del lavoro funzioni, per garantire le tutele ai singoli e garantire le risorse necessarie ad una distribuzione equa delle risorse e al mantenimento di un welfare adeguato”. Se il sistema retributivo garantiva l’assicurazione dell’ultimo salario, il contributivo è “un sistema salvadanaio come specchio della propria vita lavorativa”, utilizzando la definizione di Raitano, e ben si capisce dunque il nesso tra quella particolarissima forma di “assicurazione pubblica”, determinata dal nuovo sistema previdenziale sancito dalla riforma del 1995, e la possibilità di poter usufruire di una vita lavorativa stabile e redditizia: “Quanto accade nel corso della vita lavorativa diventa fondamentale – osserva ancora Raitano – ed in presenza di diseguaglianze, non soltanto tra ricchi e poveri, ma anche negli incroci tra attività impiegatizia e operaia con diverse tutele e garanzie, si pone il problema di andare verso un welfare più maturo”. In quale quadro del mercato del lavoro si colloca la riflessione dell’economista? L’Italia è l’unico Paese europeo dove sono diminuiti i salari reali, mentre è cresciuto il part-time involontario a tempo determinato. “E’ aumentata la diseguaglianza sotto due aspetti – conclude Raitano – con la caduta del reddito lavorativo e con la crescita delle difformità contrattuali e salariali all’interno del mondo del lavoro”.

Sugli effetti delle diseguaglianze, in particolar modo in ambito socio-sanitario, si sofferma Ivan Cavicchi, Filosofo della medicina e sociologo, una delle voci più autorevoli nel campo della medicina e della sanità, con un lungo trascorso in Cgil. “Il decadimento del diritto ad ogni livello ha rappresentato il filo conduttore dei lavori della mattinata”, osserva Cavicchi, riferendosi alla “guerra a pezzi” cui ha spesso accennato papa Bergoglio e che, sotto vari punti di vista, è stata affrontata nella prima sessione dei lavori di Cinisi. “Per noi tutto ciò rappresenta una grande sofferenza, visto che sul primato del diritto si è costruita la società nella quale siamo cresciuti, a partire dalla Costituzione e dai principi fondanti del sindacato”. Il “diritto” evidentemente non rappresenta soltanto una questione strettamente giuridica, “ma attiene anche alla qualità di vita in una società e determina la convivenza tra le persone”. Ecco perché la due controriforme sanitarie realizzate negli anni 90 producono tuttora i loro effetti nefasti, avendo “trasfigurato il diritto alla salute, che oggi dovrebbe essere garantito da ‘aziende’, ma sappiamo che non può essere così”. Non a caso, ricorda Cavicchi, nel 1996 il sociologo Marco Revelli scrisse un famoso libro sulle ‘due destre’, evidenziando come una certa sinistra abbia abbracciato teorizzazioni che hanno causato danni enormi al popolo che dichiarava di voler rappresentare. Da qui la grande domanda rivolta alla platea da Cavicchi: “Esiste oggi uno spazio per ricostruire una nuova idea di diritto, nazionale ed internazionale?”. La risposta è complessa, anche perché non mancano le contraddizioni, anche tra i soggetti ‘di buona volontà’. Ad esempio, rammenta Cavicchi, “aver contrattato il welfare aziendale, in aperta contraddizione con il diritto all’accesso ai servizi pubblici, non ha certo aiutato” e si tratta quindi “di ricostruire un progetto per ricontestualizzare un’idea di tutela condivisa”.

Un’idea ambiziosa ma ineludibile, tantopiù al Sud dove neanche taluni diritti primari sono accessibili a tutti. Lo ricorda Daniele David, segretario generale della Fiom di Messina, chedescrive “una città dove manca l’acqua per tante ore, dove i salari medi sono di 900 euro e dove 5.000 persone vivono ancora in 1.500 baracche”. Basta questa rapida, drammatica descrizione per ritenere assurdo il progetto del Ponte sullo Stretto, “che vorrebbero costruire senza un progetto definitivo e senza coperture finanziarie”. E riallacciandosi a quanto poco prima ha affermato Ivan Cavicchi, di fronte ad un sistema sanitario che cade a pezzi, spiega David, “vengono sottratti i fondi per la coesione sociale con l’obiettivo di costruire un’opera che riempie le tasche di un ceto politico e che nulla a che fare con gli interessi collettivi”. Il 17 e 18 maggio, rende noto il Segretario Fiom di Messina, si confronteranno tutte le realtà di movimento per mettere a fuoco la situazione (con particolare riferimento all’espropriazione di case e di terreni prevista se l’assurdo progetto andrà avanti) e riflettere insieme anche sullo stato del movimento ‘no-Ponte’. A tale proposito, David ha le idee chiarissime e le condivide con la platea: “Quel movimento o è militante o non è, abbiamo infatti bisogno di una partecipazione di massa, anche per poterci misurare adeguatamente con l’avanzamento dell’estrema destra”.

L’unico modo “per garantire le libertà è tutelare il lavoro”, dice a riguardo Pierpaolo Montalto, Segretario siciliano di ‘Sinistra Italiana’, “ed è proprio per questo che le destre lo attaccano”: lavoro, diritti e democrazia sono valori inscindibili, sui quali si sofferma anche Caterina Altamore (di cui pubblichiamo a parte una riflessione, su queste pagine).

Lavorare insieme “per costruire convergenze sulla base dei contenuti” è l’auspicio di Vincenzo Greco, Segretario della Camera del Lavoro di Milano e Coordinatore nazionale dell’Area ‘Lavoro Società” Cgil. Il contesto nazionale e internazionale non va certo nella direzione auspicata, “ma oltre alla dimensione umana generata dalle guerre dobbiamo riflettere anche sulla concentrazione di sforzi produttivi ed economici funzionali ai conflitti internazionali, che fonda l’idea del benessere, non di tutti, come vincolato all’industria dell’armamento divenuta fondamento del sistema economico occidentale”. Una dimensione, evidenzia Greco, “profondamente ingiusta e pianificatrice di morte”. Per contrastare la logica della guerra bisogna soffermarsi quindi “sulla progettualità e sull’economia della pace, fondata certamente sull’universalità dei diritti, ma che deve considerare il ‘progresso’, sotto forma di crescita e sviluppo, come una prospettiva da costruire a favore dei più deboli e nel rispetto delle compatibilità ambientali”.

Pa. Rep.

Pubblicato il 16 Maggio 2025