Meloni e il “suo” stato di diritto

Quando il Presidente Mattarella, dopo i fatti di Pisa, ha preso carta e penna per scrivere che “i manganelli sono un fallimento dello Stato”, i manganelli erano già entrati in azione a Catania, Torino, Vicenza, Napoli, Milano, Bologna, Firenze e Roma, in una sequenza ravvicinata in poche settimane, senza precedenti nella storia degli ultimi venti anni. Il Presidente Mattarella non ce l’ha con le forze dell’ordine: ce l’ha con lo Stato e con il Governo, infatti si rivolge al Ministro dell’interno.
Il ministro Piantedosi non può che convenire, balbettando a caldo; mentre il presidente del consiglio Meloni, con una risposta meditata, dopo qualche giorno ha spiegato che “i manganelli rappresentano lo Stato di diritto” quindi l’esatto contrario di quanto aveva affermato il Capo dello Stato. Avrebbe potuto dire che Pisa era accaduto un incidente, che se qualcuno nella catena di comando ha commesso un errore, significa che errare è umano; oppure che si sarebbero accertate le responsabilità. Invece si è cercato, oltre il ridicolo, di criminalizzare i ragazzi e legittimare l’uso della violenza da parte della polizia. Due opposte concezioni dello Stato di Diritto.

Più conflitto di così non si può! Appare quanto mai scorretto e pateticon negarlo, come invece ha fatto la Meloni, dopo un lungo e significativo silenzio; un silenzio che ha fatto crescere il caso mediatico, con affermazioni secondo cui i rapporti con il Capo dello Stato sarebbero “buoni” e che la polemica sarebbe stata strumentalizzata dalla “sinistra”. Affermazioni che evidentemente il presidente Mattarella, per stile e protocollo istituzionale, non avrebbe potuto in alcun modo smentire.

Si grida ad una campagna denigratoria nei confronti delle forze dell’ordine che non esiste. Perché, al di là delle responsabilità soggettive di chi era coinvolto nelle singole piazze, viene chiamata in causa la responsabilità politica di un Governo che ha impostato una strategia di criminalizzazione del dissenso e della protesta nei suoi confronti, accompagnata sistematicamente da provvedimenti ed azioni repressive, individuando nuovi reati ed inasprimenti di pena: invenzioni come il Daspo per gli influencer, quelli che per loro sono cattivi maestri, a Sanremo ed in generale in TV; o il Daspo per chi protesta, tutti inequivocabilmente mirati, ai quali fa riscontro speculare l’avvio di provvedimenti ed azioni indulgenti nei confronti di reati amministrativi e finanziari di colletti bianchi, attraverso depenalizzazioni e condoni.

Si era partiti dai rave e poi, a seguire, con immigrati, famiglie arcobaleno, femministe, ecologisti, sindacati dei lavoratori, giornalisti, e fino ad arrivare agli studenti. Come non vedere poi una pericolosa escalation fino ai fatti di Pisa, durante i quali i manganelli si abbattono senza nessuna giustificazione su ragazzini minorenni che organizzano una legittima protesta; in poche decine, nei pressi della loro scuola.

Insisto sul fatto che non ricorreva nessuna delle circostanze che potessero giustificare non soltanto l’uso dei manganelli, ma neanche la presenza di quel contingente di polizia in tenuta antisommossa.

Si è detto che la manifestazione non fosse autorizzata, ma non è prevista nessuna autorizzazione. Per le grandi manifestazioni indette da grandi organizzazioni con la presenza di migliaia di persone, è senz’altro necessario informare la questura e magari concordare anche percorsi e modalità di svolgimento, per le implicazioni che ci sono sul terreno della sicurezza, della mobilità, del disagio urbano ed anche per la necessità di proteggere eventuali luoghi sensibili. Ma niente di tutto ciò ricorreva nel caso di Pisa. Non vi è nessun luogo sensibile sulla piazza dei Cavalieri; quello che è stato pretestuosamente richiamato, la sinagoga, non è sulla piazza e se si fosse voluto proteggere quel luogo sensibile sarebbe stato più utile ed efficace posizionare la polizia presso quel luogo.

Da parte del governo si giustifica l’ingiustificabile. Affermare di stare sempre ed a prescindere con le forze dell’ordine ed identificarle con lo Stato di diritto, significa teorizzare e praticare lo Stato di polizia, la più classica ideologia della destra, con gli argomenti più spregiudicati e temerari.

Ne voglio citare tre che sono stati utilizzati in modo ricorrente in queste settimane. Il primo è quello di tirare in ballo addirittura Pasolini per dire che anche lui stava dalla parte dei poliziotti, figli dei braccianti del sud contro gli studenti figli dei borghesi: anche qui si misura la superficialità o, peggio, la volontà neofascista di manipolazione e revisionismo storico e culturale. Infatti Pasolini faceva un ragionamento più profondo e diceva che i poliziotti, rispetto agli studenti universitari che protestavano, non erano i carnefici, in quanto molto più vittime di loro, del sistema, dello Stato classista, unico despota.

Il secondo argomento, sempre rivolto alla sinistra, è stato quello di dire che la sinistra è contro i manganelli di Pisa ma sarebbe stata favorevole ai manganelli per gli assalitori della sede della CGIL. Mi domando come è possibile paragonare gli assaltatori squadristi e neofascisti che hanno sfondato e devastato la sede della CGIL ai ragazzi e ragazze di Pisa; e come si possa tollerare da parte del sistema informativo, mediatore del dibattito pubblico, un paragone del genere. In una discussione normale e leale, questo argomento avrebbe meritato una squalifica. Perché tutti sanno che quel giorno, quel 9 ottobre, non si sono visti manganelli, nessuno ha protetto la sede della CGIL, nessuno ha impedito quello scempio. Anzi, la polizia ha scortato da piazza del Popolo e fino a Corso d’Italia un corteo non autorizzato, sapendo in anticipo quali erano le intenzioni di quei facinorosi conclamati, all’insaputa dell’allora prefetto di Roma Piantedosi, oggi ministro dell’Interno. Una prova più schiacciante di questa, dell’uso politico delle forze dell’ordine, non si vedeva dai tempi della polizia di Scelba.

Il terzo argomento è che solo nel 3% delle manifestazioni in favore della Palestina si sono usati i manganelli, e che ci sono state altre mille manifestazioni dove la polizia non è intervenuta. Questo, dei tre, è l’argomento più stravagante: infatti, che ci siano state mille manifestazioni per chiedere il ‘cessate il fuoco’ e stoppare il massacro del popolo palestinese dovrebbe essere una grande notizia, che avrebbe dovuto riempire tutti i tg e i talkshow. Perché, fossero stati un minimo di mille persone per manifestazione, ciò avrebbe significato che si sono mobilitate oltre un milione di persone, a dimostrazione di un forte movimento contro la guerra che avrebbe dovuto essere ascoltato. Mentre è stato silenziato e nessuno ha raccontato queste manifestazioni. La narrazione pubblica è stata quella di “quattro gatti filo Hamas ed antisemiti”: quindi potenziali terroristi da trattare con il manganello.

Il manganello come la fiamma, quindi: simboli irrinunciabili per il partito e per il governo della Meloni.

Pietro Soldini

Pubblicato il 12 Marzo 2024