Covid a Bergamo, continuiamo a chiedere verità e giustizia
L’inchiesta della Procura di Bergamo, nell’indagine sul Covid nel 2020, indagò tutti i livelli istituzionali competenti (regione Lombardia e Governo) per “epidemia colposa”. Il nodo nevralgico, tra molti altri, era non aver isolato subito la Val Seriana con l’istituzione della zona rossa. Il prof. Crisanti stimò che quella ‘non scelta’ portò a una rapida diffusione del virus e a oltre 4.000 vittime in più, che si potevano evitare, se si fosse fatto subito quello che pochi giorni prima si decise di fare a Codogno.
La stessa inchiesta portò alla luce il fatto che la decisione di non fare la zona rossa in Val Seriana fu determinata dalla pressione della Confindustria locale e regionale. #bergamoisrunning… vi ricordate?
Il tribunale dei ministri di Brescia annullò poi tutto, assolvendo gli imputati dal reato di epidemia colposa in base a una legge del 1919 (o giù di lì, comunque del periodo della Spagnola), secondo la quale il reato esiste solo se diffondi consapevolmente un virus, non se non prendi le contromisure necessarie per non farlo diffondere. Sembra assurdo, ma questo è quello che accadde.
Bene: nei giorni scorsi è arrivata una notizia che cambia questa interpretazione folle e riapre la partita. La Cassazione ha stabilito che l’epidemia colposa sussiste anche in atti di omissione.
Non sono una giurista, quindi non so se lo ho spiegato bene. In ogni caso, valga una cosa: c’è chi non ha dimenticato quello che è accaduto e finché potremo continueremo a chiedere verità e giustizia, perché non è accettabile che la salute e la sicurezza di un intero territorio siano stati messi così gravemente a rischio, sacrificati sull’altare del profitto e degli interessi degli imprenditori locali.
Grazie all’Associazione familiari vittime Covid-19 ‘Sereni e sempre uniti’ che non smette di crederci.
Eliana Como
Pubblicato il 15 Aprile 2025