Un movimento si aggira per l’Europa: i neonazisti

Uno spettro s’aggira per l’Europa, ma non è il comunismo e non è neanche uno spettro, a ben guardare: è un movimento di persone in carne ed ossa, vive e vegete. Un movimento neonazista.

L’appellativo di “neonazisti” non è stato affibbiato da giornalisti, né da politici avversari; è un autoappellativo, declamato nei farneticanti discorsi e nelle loro celebrazioni, evocato nelle loro azioni squadristiche e comunicato nella ostentazione di abiti, simboli e bandiere. Non c’è ombra di dubbio, sono neonazisti!

L’assalto al Congresso degli Stati Uniti ha un precedente recente in una democrazia occidentale. Il 30 agosto 2020 trecento aderenti al movimento «Querdenken», i negazionisti del Covid – la maggior parte appartengono a gruppi di estrema destra – tentarono di fare irruzione nella sede del Bundestag, il Parlamento federale tedesco a Berlino. Ma allora lo sfregio fu reso impossibile dalla cospicua presenza di polizia in assetto antisommossa, al contrario di quanto accaduto a Washington, dove il «Capitol» era mal presidiato nonostante le previsioni di un attacco circolate su Facebook nei giorni precedenti, organizzato tra gli altri dai «Proud Boys», sigla neofascista di soli uomini che teorizza la violenza e la supremazia sui neri.

Ma lo spettro di gruppi estremisti e armati si aggira anche in Europa, in particolare sull’asse Germania-Austria. Nello scorso dicembre sono state arrestate nei due Paesi cinque persone aderenti a una milizia neonazista paramilitare con scopi eversivi e terroristici pronta a colpire nei due Stati, in possesso nelle loro abitazioni di 70 fucili tra Kalashnikov, Skorpion e Uzi, oltre ad armi naziste ancora funzionanti, granate, esplosivi e 100 mila proiettili. Gli armamenti erano stati acquistati in Croazia con il provento di traffici di cocaina (le indagini partirono proprio dal commercio di droga). Il canale pubblico tedesco Zdf, recentemente, ha mandato in onda un’inchiesta sull’origine delle armi che risalgono alle guerre della ex Jugoslavia, ma provengono anche da altre zone in conflitto: «Non le vendiamo agli islamisti ma a tedeschi e ad altri europei, vengono da tutto il continente con valigie piene di soldi», ha rivelato il venditore, un ex militare croato.
Sono molteplici le sigle che in Germania si rifanno ancora a Hitler. Non solo le armi, ma pure gli stendardi e le divise risalenti all’epoca nazista sono simboli molto ambiti tra gli estremisti di ultra destra, anche austriaci, esposti come trofei nelle riunioni. Tra le sigle sotto osservazione c’è la «Gioventù tedesca fedele alla patria»; oltre, appunto, ai «Querdenken», i negazionisti del coronavirus.

Questa risorgente, nefasta ideologia che si rifà alla peggiore storia europea del ’900 rappresenta un rischio per la tenuta dei sistemi democratici occidentali. Un rischio presente anche in Italia, come denunciato nel marzo scorso dal capo del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) nella relazione al Parlamento: «Sono emersi insidiosi rigurgiti neonazisti – ha detto Gennaro Vecchione – favoriti da una strisciante, ma pervasiva propaganda virtuale attraverso dedicate piattaforme online. I profili più esposti, come emerge dalla casistica delle azioni, sono quelli dei più giovani. C’è il rischio che anche ristretti circuiti militanti o singoli simpatizzanti italiani possano subire la fascinazione dell’opzione violenta. Il monitoraggio informativo ha posto in luce come – prosegue la relazione degli 007 – accanto a formazioni strutturate e ben radicate sul territorio, si sia mossa una nebulosa di realtà skinhead ed aggregazioni minori, alcune delle quali attive soltanto sul web. Si sono moltiplicati i fronti in grado di esprimere minacce dirette anche al nostro territorio e ai nostri assetti».

Una galassia militante frammentata caratterizzata per una comunanza di visione su alcuni temi quali la rivendicazione identitaria estrema ed esclusiva, l’avversione all’immigrazione e alle istituzioni europee. L’episodio recente più inquietante è avvenuto in settimana, quando durante la presentazione online dell’ultimo libro della scrittrice Lia Tagliacozzo, nipote di deportati ad Auschwitz, un gruppo di neonazisti ha provato a interromperla con immagini di svastiche, inni hitleriani e atroci insulti antisemiti. Ma la presentazione è proseguita, non dandola vinta agli invasati patologici, persone ossessionate da complotti e da una visione del mondo paranoica. (Da un’analisi comparsa di recente sull’Eco di Bergamo).

Il formarsi di organizzazioni neonaziste e neofasciste risale a subito dopo la guerra, dopo la capitolazione della Germania e la sconfitta del nazismo e del fascismo. All’inizio si mascheravano dietro roboanti contenuti culturali razzisti nazionalisti, identitari, anche perché l’attività esplicita di ricostruzione dei partiti nazista e fascista era pesantemente punita. Poi, più tardi, negli anni Settanta, queste organizzazioni, con il loro background terroristico-militare, furono utilizzate per la strategia della tensione, contro i movimenti di emancipazione giovanili e contro la classe operaia. Non solo in Italia, ma anche in America e in Germania.

Quindi queste organizzazioni hanno acquisito un maggiore spazio. Fino ad arrivare agli anni Novanta, dopo la caduta del muro e del socialismo dell’Est, quando tali movimenti hanno conosciuto un’ulteriore espansione ed anche metamorfosi, ampliando la loro organizzazione, su due fronti: quello militare tradizionale e quello più politico. Contando sempre su protezioni ed indulgenze istituzionali finalizzate a due obiettivi politici strategici. Da una parte il revisionismo storico, dall’altra il voler tenere in vita l’anticomunismo. Entrambi questi obiettivi sono stati funzionali a ricompattare forze ed energie in difesa di un modello politico ed economico-sociale capitalistico e neoliberista.

A quest’ultimo fenomeno espansivo delle destre estreme fa riscontro un fenomeno altrettanto espansivo delle destre meno estreme, in un rapporto simbiotico, di reciproco sostanziale sostegno, o di negligente presa di distanza. In Europa l’atto più significativo è la risoluzione del Parlamento europeo contro i totalitarismi che, spingendo l’acceleratore del “revisionismo storico”, equipara il nazismo ed il fascismo al comunismo (è un leit motiv della Meloni, quando viene messa alle strette rispetto al suo passato).

Non si possono mettere sullo stesso piano storie diverse. Per tante ragioni. La prima è che, un conto è l’affermazione militare, mentre un altro conto è la Rivoluzione d’Ottobre di operai e contadini; la seconda è che l’Unione Sovietica ha combattuto contro il nazismo ed ha liberato Berlino e l’Europa; la terza è che il regime comunista sovietico è caduto senza spargimento di sangue, mentre il nazismo ed il fascismo sono caduti in una guerra che è costata 50 milioni di morti; infine, i partiti comunisti nei vari paesi d’Europa e del mondo non sono tutti uguali.

Poche settimane fa, proprio in Germania si è svolto un mega-raduno di tutte le organizzazioni neonaziste. Che succede? Ci sono temi brucianti nel mondo attuale sui quali questo movimento può trovare un collante universale. Si tratta dell’immigrazione, del razzismo, dei nazionalismi identitari, del ritorno al militarismo, agli eserciti ed alle guerre, con l’infrangimento delle democrazie e delle autorità internazionali, la prepotenza della Nato e delle alleanze militari. Questi temi possono produrre un salto di qualità sul piano organizzativo e di globalizzazione di queste organizzazioni, con un potenziale sfondamento istituzionale al di qua e al di là dell’atlantico. Se non c’è sufficiente consapevolezza, non ci sarà sufficiente resistenza.

Pietro Soldini

Pubblicato il 27 Febbraio 2024