“Se si fermano le donne, si ferma il mondo”

L’intervento di Eliana Como l’8 marzo per “Non una di meno” al corteo transfemminista di Bergamo

“E’ dal 2018 che il movimento nazionale ‘Non una di meno” dichiara, in tutto il mondo, lo sciopero l’8 marzo. Sciopero perché è una giornata di mobilitazione e di lotta. Non è una festa, perché, semplicemente, non c’è niente da festeggiare.

L’8 marzo è sciopero per dimostrare con i fatti che se le donne si fermano un giorno… si ferma il mondo. Io mi sono chiesta: che cosa succederebbe se per un giorno intero si fermassero soltanto gli uomini, a partire dai potenti della Terra? Se accadesse, avremmo forse un giorno in meno di guerra. Magari, dunque, si fermassero: non un giorno, ma per sempre.

L’8 marzo non richiama soltanto il 25 novembre, la giornata nazionale contro la violenza di genere; non è soltanto questo. Noi siamo contro ogni discriminazione, stereotipo, pregiudizio di genere: sul lavoro, a scuola, in famiglia e nella società. Lo siamo dovunque si manifestino gli effetti della società patriarcale. Alziamo la voce contro tutto ciò che chi difende il patriarcato considera “normale”, ma che invece è ingiusto, discriminante e umiliante.

Noi siamo contro i salari da fame delle donne, contro la precarietà, il part-time involontario, il lavoro nero e gratuito, che per troppe donne rappresenta la normalità. Noi sappiamo bene che ai salari da fame corrispondono pensioni da fame, così come sappiamo che la fatica delle donne è doppia: prima al lavoro, da precarie e malpagate, e poi a casa, gratuita, scontata e svalorizzata. Non è giusto e non è neanche “normale”.

Siamo stanche di sentirci dire che dobbiamo fare più figli, era un’idea già vecchia negli anni 50: le donne fanno figli quando vogliono, quanti ne vogliono e se vogliono!

Lorsignori pensino piuttosto a creare asili pubblici, servizi e assistenza sociale; pensino a creare occupazione, a cominciare dal Mezzogiorno, dove per le donne il lavoro è una specie di miracolo. Noi vogliamo la scuola e la sanità pubbliche, dove tutte e tutti possano essere rispettati per le loro scelte e nelle loro identità di genere; dove ciascuna e ciascuno possano essere valorizzati per il loro personale talento e non per un “merito” imposto dai Pesenti, dai Bombassei o dai Riva.
Vogliamo una scuola che non insegni un mestiere, ma che insegni ad essere e diventare persone consapevoli, libere, autodeterminate, e anche ribelli. Soprattutto ribelli!

Perché se una società è ingiusta, se è basata sul predominio di un genere sull’altro, di un colore della pelle sull’altro, di una classe sociale sull’altra, senza nessun rispetto per natura, animali e ambiente… quella è una società sbagliata. E’ giusto dunque ribellarsi ad essa ed è anche questo che la scuola deve insegnare.

Lottiamo perché vogliamo fare come in Francia, dove è stata inserita nella Costituzione la libertà e l’autodeterminazione di abortire; lottiamo perché l’obiezione di coscienza sull’aborto è una vergogna di questo Paese. Lottiamo infine affinché lorsignori si tolgano la malsana idea secondo cui ci sarebbero lavori da uomo e lavori da donna. Un tornitore, in fabbrica, è maschio ed è al quinto livello; mentre un’addetta alle pulizie è donna, ha il contratto dei multiservizi e guadagna la metà.

La devono anche smettere di declinare al maschile tutte le professioni importanti, a partire dalla Presidente del Consiglio. Quello che conta è se sai fare il tuo mestiere o no. E, casomai, il problema è che la Presidente del Consiglio non lo sa proprio fare, tanto per cominciare perché non si riconosce nella Costituzione antifascista del nostro Paese.

E, a proposito, Cloe Bianco (la professoressa transgender, originaria di Marcon in provincia di Venezia, che è stata trovata morta carbonizzata nel camper dove abitava nel giugno 2022, ndr). il suo mestiere di insegnante lo sapeva fare benissimo. Non abbiamo dimenticato Cloe e non abbiamo perdonato.
L’8 marzo è sciopero, l’8 marzo non è una festa: tenetevi per voi cioccolatini, panchine rosse e le mimose lasciatele sugli alberi. Noi vogliamo diritti, salario, libertà, autodeterminazione e pace”.

Eliana Como

Pubblicato il 12 Marzo 2024