Oltre la mafia: l’esempio di Peppino per tutti i diritti

Eliana Como, Portavoce dell’Area ‘Le Radici del Sindacato’, ha concluso la ‘due giorni’ di Cinisi

Due giorni di lavoro intensissimi, prima di rendere omaggio a “Casa Felicia” e partecipare, il pomeriggio del 9 maggio, alla manifestazione in ricordo di Peppino Impastato, partita da Terrasini e conclusasi a Cinisi sotto il balcone di “Casa Memoria”.

Eliana Como, Portavoce nazionale de “Le Radici del Sindacato”, ha concluso il dibattito della sessione pomeridiana dell’8 maggio, dedicata alla questione-immigrazione, ai Cpr e al dramma vissuto ogni giorno da una moltitudine di migranti, cui viene negata la possibilità di vivere la loro vita con dignità e concreta speranza per il futuro. Ma le conclusioni hanno toccato vari temi dell’attualità, tantopiù che il giorno prima (il 7) è giunta la notizia dell’inchiesta che sta riguardando, tra gli altri, il Presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti.

“A Genova è crollato un paradigma – ha osservato Eliana Como – costituito da una certa politica nel suo rapporto con le imprese e l’autorità portuale privatizzata: un sistema corrotto che si inchina all’interesse privato utilizzando la politica”.

Non è un caso che svariati esponenti della maggioranza si siano affrettati a provare a ridimensionare il “merito” per scagliarsi contro chi avrebbe strumentalizzato un fatto giudiziario in campagna elettorale. “Potrebbe mai una ‘denuncia’ del genere risultare credibile?”, si è domandata la Portavoce de “Le Radici del Sindacato”. “E dovrebbero essere lorsignori ad intervenire sulla drammatica crisi che attanaglia il mondo del lavoro? Dovrebbero essere loro – si è chiesta ancora Eliana Como – ad affrontare le conseguenze dell’ennesima strage di lavoro, avvenuta proprio qui in Sicilia?”.

Già, perché, proprio poche ore prime che si aprissero i lavori dell’iniziativa di Cinisi, a Casteldaccia cinque operai sono morti dopo essersi calati all’interno di un condotto fognario, per degli interventi di manutenzione, e aver esalato idrogeno solforato fino a perdere i sensi e la loro stessa vita.

“C’è una cultura politica che permette che tutto ciò sia possibile – ha denunciato Eliana Como – nella giungla di appalti e subappalti, senza alcun rispetto della sicurezza”.

Ed è lecito chiedersi chi sia “il nemico” da combattere: “Sono forse i migranti? O i lavoratori precari? No, il nemico non sono loro”, ha osservato Como.

Eppure, restando per un attimo alla gestione del tema-immigrazione, le leggi-vergogna vengono da lontano: il primo articolato di norme che istituì dei centri di “detenzione” prese i nomi da Livia Turco e Giorgio Napolitano. Poi fu la volta della legge “Bossi-Fini”. Ma i ministri degli Interni che applicarono lo stesso approccio furono tanti: da Maroni a Minniti, trasversalmente agli schieramenti politici. “L’evoluzione della gestione immigratoria può dunque raccontarla soltanto chi è stato sempre sulla barricata a difendere i diritti dei più deboli – osserva la Portavoce de ‘Le Radici del Sindacato – e ha quindi i titoli per raccontare la realtà per quello che era e per quello che è. Gli altri no, perché tutti coloro che hanno affrontato la questione-migranti negli ultimi decenni si portano dietro un pezzo di responsabilità…”.

Non ci si indigna abbastanza per tutto ciò, “benché – ricorda Eliana Como – il nostro sia un paese nato dall’incontro tra i popoli, e grazie a quell’incontro ha costruito la storia e la ricchezza di tutti noi”. Cosa possiamo aspettarci, quindi, “da un governo che interpreta l’accoglienza proponendo di attuare la ‘deportazione’ dei migranti in Albania?”. Il governo, aggiunge Eliana Como, “tratta le persone allo stesso modo con cui si nasconde la polvere, sotto il tappeto, dopo aver aizzato i cittadini con anni di propaganda razzista: dalle irrealizzabili promesse sul ‘blocco navale’ agli accordi con l’Albania; per scaricare il problema altrove cercando di occultarlo, dopo aver mostrato la palese incapacità a trovare soluzioni”.

La propaganda agisce, in realtà, toccando varie corde, tutte finalizzate a mettere in cattiva luce il ‘diverso’: “Dalla paura della sostituzione etnica all’auspicio che la scuola insegni l’intolleranza. Ecco perché, al contrario, va smontata l’idea che l’immigrato sia un nemico, sottolineando quanto rappresenti una ricchezza per ciò che ogni persona porta con sé”.

Peppino Impastato, ha concluso Eliana Como, “ha proprio rappresentato il simbolo della lotta a tutto questo sistema di ingiustizia, che scarica sui deboli tutto ciò che non funziona più”. E’ stato, e rimane, il simbolo della lotta. Ben oltre la mafia e il malaffare che la circonda.

Pa. Rep.

Pubblicato il 26 Maggio 2024