Contratto Medici: poche risposte ai ritardi e alle giuste rivendicazioni

“Fumata bianca tra Aran e sindacati: firmata la pre-intesa”. Così titola quotidianosanità.it, la più diffusa rivista medica on line. Un lettore distratto potrebbe pensare che sia già sottoscritta la pre-intesa per il triennio in corso. Peccato che la firma, che interessa 135.000 professionisti sanitari pubblici, riguarda appena il triennio 2019-2021. Mentre per il comparto sanitario l’accordo è concluso da tempo, medici e professionisti sanitari (veterinari, biologi, farmacisti, psicologi ecc.) vedono siglata la pre-intesa a due anni di distanza dalla scadenza del triennio. Più che di rinnovo si tratta di un parziale recupero della retribuzione che è rimasta praticamente ferma da cinque anni a questa parte, alla faccia dell’inflazione e della pandemia.

La parte economica
L’aumento medio mensile procapite sarà di circa 240 € lordi (la maggior parte, va detto, sullo stipendio fondamentale), quindi non più di 180 € netti, che per quanto riguarda gli arretrati del biennio 2019-2020 si riducono ulteriormente del 50%. Per edulcorare la pillola si parla di circa 10 mila euro lordi di arretrati, che coprono però ben 5 anni di mancati aumenti: infatti tra vaglio dei ministeri e degli organi di controllo, per vedere le risorse in busta paga si dovrà aspettare il 2024. D’altronde era tutto già scritto nel famigerato “Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale” firmato da Draghi, Brunetta e Sindacati Confederali il 10 marzo 2021, in cui al primo punto si blindava la retribuzione limitando gli aumenti dei dipendenti pubblici al 4%, a fronte di un’inflazione media per il 2023 si è rivelata di almeno il 7.6%, con punte che hanno superato il 10%. Qualcosa si è ottenuto con l’incremento dei valori di indennità di specificità medico veterinaria, della parte fissa della retribuzione di posizione, della clausola di garanzia, delle prestazioni aggiuntive. Inoltre sono state introdotte le nuove indennità di pronto soccorso e di specificità sanitaria, in precedenza non previste. Ma in buona sostanza gli “angeli ed eroi” della sanità hanno aumenti stipendiali inadeguati: e poi ci si chiede perché i medici pubblici (ma anche il personale non medico) abbandonino le attività ospedaliera e territoriali per inseguire i cospicui guadagni del privato e delle prestazioni a gettone, anche se privi di tutele.

Orario di lavoro
La dirigenza medica e sanitaria è sempre stata costretta a superare le 38 ore settimanali (di cui 4 per la formazione) con la scusa di dover raggiungere gli obiettivi posti come dirigenti, che vengono retribuiti (poco) con un fondo specifico. Le ore eccedenti venivano quindi “tagliate” e comunque non recuperate né retribuite. Mesi di trattativa hanno partorito un topolino: dopo un certo tetto di extra orario (che varierà da azienda ad azienda secondo un algoritmo) le ore andranno recuperate entro 12 mesi. Quale tetto non si sa, e verrà stabilito dalla trattativa decentrata, di solito debole e di più difficile attuazione. Il recupero ore, inoltre, in un sistema sanitario pubblico progressivamente sotto organico, resta una pia illusione, essendo di solito centinaia le ore accumulate in un anno dal singolo professionista. Almeno si è riusciti a togliere la parola “di norma” al tetto massimo di pronta disponibilità e di guardia, tetto che viene lievemente ridotto, anche se non c’è nessuna garanzia che questo venga rispettato dalle Aziende Sanitarie.

Cosa si porta a casa
Blindata la parte economica, con i piccoli miglioramenti di cui si è detto, si è lavorato su alcuni istituti contrattuali. Gli incarichi professionali (che determinano una retribuzione aggiuntiva) dovranno essere conferiti in tempi più ristretti e certi (in molte realtà l’attribuzione degli incarichi è ancora in alto mare). Vengono definiti con più precisione i criteri di selezione dei sostituti, limitandone i tempi. Per il periodo di prova è migliorato il testo sul diritto all’esonero e garantita la conservazione del posto. Si è impedita la decurtazione dell’indennità di esclusività per il part time, tutelando principalmente le donne. E’ stato ampliato l’ambito dell’utilizzo delle 4 ore di formazione. E’ stata infine riformulata in modo completo la parte che riguarda le relazioni sindacali, ponendo particolare attenzione sulla tematica dell’informazione, sia preventiva sia consuntiva, nonché sulle materie di confronto (aziendale e regionale), ampliate su pronta disponibilità e guardia, alla riduzione del rischio clinico, alle misure concernenti la salute e sicurezza del lavoro.

I compiti che ci aspettano
Tutte le sigle sindacali mediche, confederali e autonome, hanno espresso soddisfazione per l’accordo. E’ comprensibile, bisogna pur dar conto di un ritardo così clamoroso e di un contratto che migliora qualcosa per la parte normativa ma poco per quella economica. D’altronde, senza un’ora di sciopero è difficile portare a casa di più. A fronte dei toni soddisfatti, espressi anche dalla CGIL, è utile però riportare in conclusione la critica espressa dallo stesso Segretario Medici e Dirigenti sanitari del SSN FP CGIL, Andrea Filippi. “Riteniamo una vergogna che ai medici e dirigenti del SSN, che hanno sacrificato tutto nell’emergenza pandemica, il contratto sia rinnovato con due anni di ritardo e che non si apra ancora la trattativa sul contratto 22/24 perché il Governo Meloni non finanzia con risorse adeguate il contratto dei dipendenti pubblici. Questa firma è una prima restituzione di diritti e salario al lavoro di chi garantisce, insieme ai lavoratori del sistema salute, la cura dei cittadini. Proprio per questo chiediamo risposte nella legge di bilancio. Il governo non può pensare che siccome il contratto arriva in ritardo si cancella la rivendicazione salariale dei medici e dirigenti sanitari sull’inflazione di questi anni. Per questo – conclude Filippi – saremo in piazza il 7 ottobre a difesa della Costituzione e come Fp Cgil siamo pronti alla mobilitazione”.

Anche per la dirigenza medica e sanitaria vale quindi il sottotitolo del documento congressuale “Le Radici del Sindacato”: senza lotte non c’è futuro.

Pierpaolo Brovedani

Pubblicato il 4 Ottobre 2023