“Autonomia differenziata”: dividere il Paese a favore dei più ricchi

Si va avanti sull’Autonomia differenziata, una delle peggiori sciagure politiche che si prospettano nel nostro futuro. Una sciagura che ha le radici anche in governi precedenti e nell’accordo di quasi tutte le forze politiche.
In sostanza è una proposta di riforma costituzionale che parte dalla modifica al titolo V imposta dal governo di centro sinistra dell’epoca.
La proposta di Autonomia differenziata nasce ed è stata portata avanti a partire da un accordo fra i leghisti di Lombardia e Veneto e il PD dell’Emilia Romagna nella persona del Presidente Bonaccini. Nel PD questo ha determinato la linea politica del partito senza che ci fosse una vera discussione. C’è stato un effetto anche nella CGIL. Nel 1997 ci fu la grande manifestazione sindacale unitaria che fermò il secessionismo leghista. Stavolta non è andata così. Il motivo è tutto politico e sta proprio nel fatto che il PD nella sostanza collabora con la Lega e questo obiettivamente ha influenzato la CGIL per cui questa organizzazione ora si attesta su una posizione critica con proposte di modifica condivisibili, ma non è una posizione di contrasto in linea di principio come sarebbe necessario. Non possiamo nasconderci il fatto che l’autonomia differenziata, proprio perché è fatta per aumentare le differenziazioni territoriali, incrociandosi con la crisi, con l’inflazione, con la pandemia, ecc. non potrà che aumentare gli effetti di devastazione sociale in atto.
Nella scuola c’è un’opposizione forte: essa però è affidata dalla CGIL, soprattutto ai sindacati di categoria.
Con il nuovo governo Meloni la procedura per giungere alla autonomia differenziata è stata accelerata con il disegno di legge Calderoli che prevede meccanismi che, nella realtà delle cose, sono fatti per facilitare la procedura stessa. Per esempio, deve costituirsi una commissione per decidere i livelli essenziali costituita da esponenti della maggioranza che se non trovano una soluzione possono trovare comunque conveniente la successiva gestione commissariale. In questo modo è più facile intendere i livelli essenziali come livelli minimali, aumentando la differenza fra le Regioni ricche e quelle povere. Il meccanismo di decisione della spesa è tutto rivolto a favorire la spesa storica, in assenza in ogni caso di maggiori oneri per il bilancio dello Stato: anche questo non può che favorire le regioni ricche del nord, che si vedrebbero assegnata una cifra più grande avendo competenze largamente maggiorate.
L’autonomia differenziata fa correre il rischio di aumentare la frammentazione del nostro Paese, anzi è fatta apposta con questo obiettivo. Favorire le regioni già più ricche sia nelle entrate sia nella libertà di spesa sia nella gestione sappiamo già che produce la moltiplicazione per 20 dei sistemi di gestione come già avviene nella sanità. Non si tratta solo del fatto che l’Emilia Romagna o la Lombardia sono più ricche della Calabria; si tratta di concezioni politiche diverse che sono sostanzialmente intoccabili anche a fronte di disastri. Basti pensare a quello che è successo in Lombardia nel periodo della pandemia e al veto richiesto dalla Confindustria ad attivare lo stato di emergenza che ha prodotto il disastro sanitario che tutti ricordiamo. Lo stesso meccanismo assurdo della ‘concorrenzialità virtuosa e solidaristica’ (un concetto analogo alle ‘guerre umanitarie’) produce, nelle Regioni che hanno maggiori margini, una spinta alla privatizzazione, come si vede più chiaramente in Lombardia. Ciò che avviene sulla sanità inevitabilmente succederebbe anche per le altre materie oggetto della legge. Esattamente al contrario bisognerebbe ripensare la regionalizzazione della sanità a favore di una maggiore centralizzazione.
Il progetto complessivo di questo Governo è però più ampio. L’autonomia differenziata è il prezzo pagato alla Lega da parte di FDI che però ha anche come corrispettivo il presidenzialismo dei post(?)fascisti di Meloni. Verrebbe fuori uno Stato in cui la democrazia rappresentativa, il principio democratico su cui si fonda la Costituzione, sarebbe schiacciato. Dobbiamo quindi prepararci ad una opposizione anche al Presidenzialismo nonché cominciare a pensare come ridurre il potere delle Regioni che si sta caratterizzando non come decentramento ma come creazione di venti diversi centralismi, l’un contro l’altro armati, che riducono il ruolo dello Stato e opprimono il decentramento comunale. Una delle vie da percorrere è quella proposta recentemente da Bersani che, dichiarando di aver cambiato idea, ha detto che sarebbe ora di tornare a Presidenti regionali non eletti direttamente, ma dalle assemblee regionali, come succedeva una volta.
Nel frattempo, il dibattito politico è assolutamente poco chiaro e soprattutto poco si rivolge a mobilitare i cittadini. Il PD ora è critico, ma come farà ad opporsi veramente al progetto visto che Bonaccini è fra i promotori? Nello stesso percorso delle primarie di quel partito chi rappresenta la sinistra, Elly Schlein, da vicepresidente dell’Emilia Romagna non ha aperto bocca sul tema. Al contrario del sindaco PD di Bologna, che si è pronunciato più di una volta contro.
Contro l’Autonomia Differenziata da tempo si è sviluppato un movimento sostenuto dal ‘Tavolo del No ad ogni autonomia differenziata, per l’unità della repubblica e l’uguaglianza dei diritti’. Se tale forma di autonomia fosse realizzata nelle 23 materie previste dal decentramento legislativo porterebbe alla disarticolazione della Repubblica, delle politiche pubbliche e al riduzionismo dei diritti civili e sociali con normative diverse, tipologie di contratti di lavoro diverse, concorrenza al ribasso sui diritti tra i territori.
Per questi motivi il ‘Tavolo per il NO all’Autonomia differenziata’ e gli aderenti della campagna ‘Non per noi ma per tutti e tutte’ hanno organizzato una manifestazione a Roma, mercoledì 21 dicembre, dalle 16 alle ore 19 in piazza della Rotonda. A questa manifestazione saranno presenti anche l’area che fa riferimento al documento congressuale della CGIL ‘Le radici del sindacato. Senza lotte non c’è futuro’, oltre alla Flc-CGIL.
E un appuntamento importante, a cui è necessario partecipare il più numerosi possibile.
Gianni Paoletti

Pubblicato il 21 Dicembre 2022