Ucraina, la “verità” della propaganda

“La verità è rivoluzionaria”, ci ha spiegato Antonio Gramsci e proprio per questo è particolarmente temuta dagli Stati Uniti. Il 30 giugno 1971 la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva respinto la richiesta del presidente Richard Nixon di impedire la pubblicazione da parte del Washington Post dei Pentagon Papers sui crimini di guerra americani, con violazioni dei diritti umani, depistaggi e censure, con la motivazione che “solo una stampa libera e senza lacciuoli può svelare efficacemente l’inganno del governo” e che “la stampa serve chi è governato, non chi governa”, consentendo la successiva pubblicazione, nel ’74, sempre sul Washington Post, del Watergate, con gli scandali della presidenza Nixon, che hanno portato alle sue dimissioni. Ma questa è ormai storia passata perché, i media statunitensi hanno poi taciuto di fronte alle violazioni dei diritti umani – torture, renditions, Guantanamo – e alla “invenzione” delle “false flag”, accusando le inesistenti armi di distruzione di massa in Iraq per giustificare l’invasione di quel un Paese e il rovesciamento del suo regime, che era stato prima utilizzato per la guerra contro l’Iran. Così la verità è diventata un reato antipatriottico e gli Stati Uniti hanno perseguitato Edward Snowden e Julien Assange, accusati di cospirazione e di aver violato l’Espionage Act del 1917, per aver rivelato i crimini di guerra statunitensi coperti da segreto militare. Tutti i Paesi alleati della Russia sono stati attaccati, con esiti discutibili: Serbia, Iraq, Siria, Libia.
Del resto proprio una “guerra ibrida” come l’attuale Terza guerra mondiale (come l’ha giustamente definita Papa Francesco), fatta per procura dalla NATO contro la Russia, inondando di armi l’Ucraina, viene giocata anche attraverso una gigantesca manipolazione dell’informazione, confermando il giudizio di Winston Churchill per cui “la prima vittima della guerra è la verità”, mentre chi cerca la verità, seguendo il suggerimento di Baruch Spinoza, di “non ridere, non piangere, non maledire, ma capire” viene tacciato di putinismo, come diffusore di verità tacciate come “fake news”. “La massa non sa cosa sta succedendo nel mondo e non sa neppure di non saperlo”, sostiene Noam Chomsky, mentre Cesare Pavese spiegava come “gli ignoranti saranno sempre ignoranti, perché la forza è nelle mani di chi vuole che la gente non capisca”. Già la ex-candidata socialista all’Eliseo, Ségolène Royal, aveva denunciando la “propaganda” fatta “con la paura” da parte del presidente Volodymyr Zelensky, smascherando il bombardamento all’ospedale pediatrico di Mariupol (“Se ci fosse stata anche solo una vittima, un bambino con del sangue, avremmo avuto le immagini”, ed era usato dal comando di Azov che usava i civili come scudi) e il massacro di Bucha (i cadaveri, che erano stati distribuiti a intervalli regolari, erano comparsi solo tre giorni dopo il ritiro dei russi e avevano al braccio le fasce bianche dei combattenti russi e filorussi). Ma in occasione dell’anniversario dell’invasione le disinformazioni e falsificazioni sono giunte al parossismo, fingendo che la guerra sia iniziata con l’invasione russa, mentre persino Stoltenberg afferma che “la guerra non è iniziata nel 2022, è iniziata nel 2014 e da allora gli alleati Nato hanno aiutato l’Ucraina con addestramenti ed equipaggiamenti, e quindi l’esercito ucraino è molto più forte nel 2022 di quanto lo fosse nel 2014”, mentre François Hollande e Angela Merkel hanno di recente confermato le rivelazioni di Poroshenko per cui i protocolli per la pace di Minsk erano solo un espediente per prendere tempo e permettere all’Ucraina di rafforzare il suo esercito, con il sostegno delle milizie naziste, da lui definite “i nostri migliori combattenti”.
Il 1º settembre 2021, a coronamento della strategia di espansione Nato a Est (iniziata da Clinton in violazione dell’impegno di Bush padre di non espandere la NATO nep-pure di un centimetro ad Est, ma contestata aspramente da Henry Kissinger, George Kennan, Jack Matlock, ex ambasciatore Usa a Mosca, William Burns, capo della Cia), con l’adozione della strategia della “stretta dell’Anaconda” per circondare la Russia e dividerla in diversi stati, venne firmata la Dichiarazione Congiunta sulla Partnership Strategica Usa-Ucraina, con l’apertura della NATO all’Ucraina, la fornitura di armi, un “programma di robusto addestramento ed esercitazione per sostenere lo statuto ucraino di partnership rafforzata” preludio dell’adesione, ed una vasta esercitazione NATO in Ucraina (“Rapid Trident”) a partire dalla base di Yavoriv presso Leopoli, e cui partecipò anche l’Italia. John Kirby, segretario stampa del Pentagono, ha spiegato come i successi militari degli ucraini siano dovuti “ad 8 anni di addestramento da par-te della Nato nella leadership di piccoli gruppi (le armate naziste, che hanno rifornito massicciamente di armi?) nelle manovre operative, ciò non avviene per caso, ma è sta-to il risultato del lavoro degli USA e di molti loro alleati”, mentre Ursula von der Leyen ha rivelato alla Conferenza di Monaco che già nel ’21 aveva minuziosamente concordato con gli USA le sanzioni da applicare alla Russia, mentre i battaglioni nazi-sti si apprestavano ad un attacco massiccio alla Crimea e al Donbass e c’è ancora chi sostiene che la Russia ha invaso l’Ucraina all’improvviso! Papa Francesco ha detto che la colpa della guerra è anche della NATO che è andata ad “abbaiare” ai confini della Russia. Ma sembra che i media italiani abbiano paura a dirlo e chi, in un’intervista televisiva, accenna minimamente alle cause della guerra viene immediatamente interrotto, come è capitato allo storico Franco Cardini su ‘la 7’, mentre Marco Innaro, il corrispondente della RAI a Mosca, è stato addirittura trasferito al Cairo per aver detto che “dopo il crollo dell’URSS chi si è allargato non è stata la Russia, ma la NATO”.
Ora i media italiani sono intrisi di propaganda di regime statunitense, con una continua ed ossessiva falsificazione delle informazioni sulla guerra, per suscitare sdegno ed indignazione, tacendo fatti essenziali sgraditi agli Stati Uniti. Molti giornalisti italiani hanno voluto strafare, come Rampini, che ha detto “la nostra recessione – lo dico con tutto il paradosso che questo porta – forse sarà la prima vera sanzione economica che farà male sul serio a Putin, perché l’unico modo per danneggiare Putin è ridurre i suoi introiti dalle vendite di energia”, mentre poi s’è visto che le sanzioni hanno fatto molto più male all’Europa, ed in particolare all’Italia, che alla Russia, che vende il suo petrolio altrove ha una disoccupazione inesistente e un’inflazione più bassa della Turchia. Altri hanno sostenuto che la popolazione delle repubbliche del Donbass, massacrate dalle armate naziste (definite “patriote”), avrebbero aggredito le armate ucraine; che le zone delle repubbliche del Donbass, occupate dalle truppe ucraine sarebbero state “liberate” e hanno definito “partigiani” non i volontari difensori del Donbass ma i nazisti che li attaccavano; che le truppe russe (in un impeto di masochismo?) avrebbero bombardato la centrale nucleare di Zaporižžja, che controllavano, e sabotato i due Nord Stream, da loro costruiti. Ridicola è poi la difesa della “democrazia” ucraina contro il dittatore russo”, perché se la Russia non è certo un esempio di democrazia, l’Ucraina è molto peggio, con più di 30 armate naziste, la glorificazione di Bandera (che con le Waffen-SSGalizien ha causato la morte di oltre 800.000 ebrei, russi e polacchi e viene celebrato come un eroe nazionale, con centinaia di monumenti e la dichiarazione di festa nazionale dell’anniversario della sua nascita), la guerra di otto an-ni contro i cittadini russofoni del Donbass, la sparizione di innumerevoli oppositori e, per finire, l’abolizione dei diritti sindacali (con libertà di licenziamento), la soppressione di 11 partiti di opposizione con espulsione dal parlamento dei deputati eletti e il sequestro dei beni, che ha colpito anche i sindacati, l’obbligo di diffondere solo noti-zie dell’agenzia statale che ha assunto il controllo anche delle reti tv unificate e varo della “legge coercitiva” che blocca tutte le notizie non autorizzate dal regime, sopprimendo la libertà di parola e suscitando le proteste non solo dei giornalisti ucraini ma anche della Federazione europea e mondiale.
Biden, assiduo frequentatore dell’Ucraina come vicepresidente statunitense e promotore del golpe del 2014 che, con l’aiuto di due formazioni naziste della Galizia e dei tiratori scelti della Georgia, ha cacciato il presidente eletto Janukovyč, sostituendolo con un governo da lui nominato, dando così origine alla guerra del Donbass, ed ora ha visitato il Donbass per onorarne le vittime eroiche, che non sono gli oltre 16.000 russofoni uccisi ma i loro carnefici del battaglione nazista Azov. Bruno Vespa ha cambiato idea: nel 2018 diceva che “l’Occidente ha sbagliato con Putin, sono sempre dell’idea che quando vinci non devi stravincere, non devi umiliare lo sconfitto, ma come gli è venuto in mente di mettere i missili in Polonia, in casa di Putin”, ma oggi è diventato un divulgatore del dogma americano. Ma non è il solo. Anche la Meloni nel 2016 sosteneva che “se l’UE non si limitasse ad eseguire gli ordini del “meritatissimo” premio Nobel per la pace Barak Obama, allora saprebbe che non ha alcun senso oggi forzare l’ingresso dell’Ucraina nell’UE e nella NATO portando inevitabilmente avanti una crisi con la federazione russa. La nostra posizione è che l’Italia ritiri immediatamente le sanzioni contro la Russia, e si faccia piuttosto promotrice di una risposta politica alla crisi con la federazione russa sulla crisi ucraina, speriamo che una volta tanto si possa difendere i nostri interessi invece di fare i servi sciocchi degli interessi altrui”. Quando è diventata capo del governo s’è trasformata in una promotrice accanita dell’invio, assieme alla Francia, di sempre nuove armi in Ucraina, perché forse ha meditato lungamente sull’uccisione di Enrico Mattei e su quella di Aldo Moro, a cui Kissinger, oggi deciso pacifista, aveva più volte ripetuto “Lei la pagherà cara” per la sua apertura al Pci. Meglio non correre rischi.
Ma la vicenda più eclatante è quella di Zelenskyj, un piccolo oligarca con interessi nei paradisi fiscali, che godeva di pessima fama. Divenuto ora un eroe nazionale, Zelenskyj, di lingua russa e in precedenza ritenuto filorusso, era un attore comico giunto al-la ribalta il 24 settembre del 2016, con una trasmissione intitolata “Made in Ukraine”, nelle quale ha suonato il pianoforte, da vero virtuoso, sul palco, dal vivo e davanti al pubblico con il suo pene, per poi raggiungere il successo come protagonista della se-rie televisiva “Servitore del popolo” in cui figura come un capo di stato onesto, in lotta contro i corrotti, in un canale televisivo del maggiore oligarca del Paese, Igor Kolomojs’kyj, finanziatore di armate naziste, che, a seguito del successo della trasmissione, finanziò la sua elezione a presidente nel ’19, consentendo a Zelenskyj di utilizzare il nome della serie di telefilm per costituire un nuovo partito con cui s’è presentato all’elezione. Prima dell’elezione era favorevole alla riappacificazione tra Russia e Ucraina e aveva difeso i suoi connazionali russi, sostenendo che “nell’est dell’Ucraina e in Crimea la gente vuole parlare russo, lasciateli in pace, lasciategli il diritto legale di parlare russo, la lingua non dovrebbe mai dividere il nostro paese, russi e ucraini sono fratelli, conosco migliaia, milioni di persone meravigliose che vivono in Russia, abbiamo lo stesso colore, lo stesso sangue, ci capiamo bene, indipendentemente dalla lingua che parliamo” e nel suo discorso inaugurale in parlamento ha detto: “La nostra prima missione sarà di fermare la guerra nel Donbass“. Biden, che era molto interessato al controllo del Donbass ed aveva messo suo figlio Hunter (cioè “cacciatore”) sia nel C.d.A. della Burisma, l’impresa energetica ucraina, con uno sti-pendio di 50.000 dollari al mese, che a capo dei 30 laboratori di ricerca statunitensi per la guerra batteriologica, vietata dai trattati internazionali, posti ai confini con la Russia, gli ha fatto subito capire chi comandava davvero in Ucraina e che non era certo il neoeletto presidente che ha dovuto rapidamente adeguarsi. Zelenskyj ha continuato a fare l’attore, ma il regista era Biden. Ancora l’8 febbraio Macron aveva detto, in una conferenza stampa congiunta con Zelenskyj, “sono riuscito ad avere un impegno molto chiaro ed esplicito da parte del presidente Putin e del presidente Zelenskyj di implementare gli accordi di Minsk”, che avrebbero evitato la guerra. ma la notte stessa dell’8 febbraio, sollecitato dagli USA che erano contrari agli accordi e intende-vano proseguire una guerra prolungata, Zelensky ha cambiato subito idea, annunciando ufficialmente che “non intendeva rispettare gli accordi di Minsk, per aprire negoziati diretti sul Donbass”.
Berlusconi è l’unico politico del parlamento italiano che, in un raro momento di lucidità, ha sostenuto giustamente che la guerra in Ucraina è iniziata nel 2014 con l’attacco del governo (golpista) ucraino ai propri cittadini russofoni del Donbass, ricordando implicitamente il sabotaggio degli accordi di Minsk, che avrebbero posto fi-ne alla guerra, invitando a sospendere l’invio di armi. Per questo è stato attaccato pesantemente da Zelenskyj nella conferenza stampa con Giorgia Meloni a Kiev e questa non l’ha difeso ed ha continuato a promettere l’invio di missili Samp-T, ancora più micidiali, contro il parere della maggioranza degli italiani, tanto di sinistra che di destra; ha anche firmato un accordo con la Francia per la produzione e l’invio all’Ucraina di 700 missili antiaerei di avanguardia Aster-30 per un costo di 2 miliardi di dollari (e intanto taglia le pensioni per cui, dunque, i pensionati italiani pagano una guerra aggressiva che non vogliono). Ma anche Calenda, Bonelli e il PD di Letta (che è il partito più bellicista dell’Europa occidentale) hanno chiesto alla Meloni un atteggiamento “coerente” di sostegno all’Ucraina e di sconfessione delle parole di Berlusconi. Per una volta il PD ha qualcosa da imparare persino da Berlusconi! Anche Elly Schlein che, da poco iscritta al Pd ha esercitato un’Opa ostile vincente sul partito, in opposizione al parere dei suoi iscritti, se ha promesso una maggiore attenzione ai problemi sociali, tuttavia ha confermato la posizione di Letta sulla guerra in Ucraina: la prudenza non è mai troppa.
Giancarlo Saccoman

Pubblicato il 8 Marzo 2023