La Chiesa di Benedetto XVI? Distante dalla democrazia dei laici

E’ morto Ratzinger, un reazionario non tanto e non solo in politica – su questo piano ha molti concorrenti – quanto sul piano teorico/teologico.
Come è a tutti noto, era lui il teologo più vicino a Papa Wojtyla e le encicliche di Giovanni Paolo II sono scritte avendo a fondamento i suoi studi e i suoi scritti.
Una di queste è stata la “Fides et ratio”, un’enciclica in cui veniva con forza affermata la preminenza della fede sulla ragione. In quell’enciclica si afferma che la ragione ha una sua larga autonomia di contenuto e metodologica, ma è la fede che illumina la strada e indica la direzione, e quindi è prevalente. In quella stessa enciclica, dopo aver ricordato una serie di antichi padri della Chiesa, si richiama San Tommaso d’Aquino, teologo del 13° secolo, che fu uno dei fondatori del pensiero della Chiesa nell’incontro/scontro con il pensiero razionale allora emergente sia nel mondo cristiano sia nel mondo mussulmano (soprattutto per le influenze che venivano dalla Spagna islamica).
Affermare che le fondamenta del rapporto fra ragione e fede stanno nel pensiero di San Tommaso significa affermare il potere della Chiesa in quanto titolare unica della fede: il culmine della verità è la rivelazione divina e questa non è raggiungibile con la ragione. Teologi e filosofi si devono lasciar guidare dall’unica autorità della verità, si legge nell’enciclica, con il fine di elaborare una filosofia in consonanza con la parola di Dio ed è questa filosofia che sarà il terreno di incontro fra le diverse culture e la fede cristiana.
In sostanza, le altre culture devono riconoscere la verità della fede cristiana già come punto di partenza di un pensiero comune riconoscendo così la sua superiorità. Si potrebbe parlare di un ritorno al Medioevo, considerato come un’era oscura. In realtà il Medioevo è stato un periodo in cui sono stati riscoperti i filosofi greci e comincia il lungo percorso del pensiero moderno proprio nella riscoperta della ragione. Nell’enciclica si afferma la “novità perenne” del pensiero di San Tommaso, punto di riferimento di un’interpretazione del rapporto con la ragione che è alternativo a tutto il percorso teoretico che man mano si è distaccato dalla fede. In sostanza, Wojtyla/Ratzinger saltano all’indietro tutto il pensiero filosofico europeo del ‘900, il pensiero borghese dell’800, il marxismo, l’illuminismo, il razionalismo seicentesco e perfino l’umanesimo, cercando di affermare la superiorità invece del filone che viene dalla teologia di San Tommaso.
Ratzinger è anche quello che ha contrapposto, al principio “Etsi deus non datur”, l’altro e opposto principio “Veluti si deus daretur”. La prima frase significa “Come se Dio non fosse dato”. Cioè non è da Dio che derivano i principi del diritto naturale, quelli che sono a fondamento delle relazioni umane. Anzi, essi vanno elaborati e decisi come se Dio non ci fosse. In pratica si può credere in Dio oppure no, ma i principi del diritto naturale nascono dall’uomo. Si tratta del fondamento della laicità moderna elaborato dal filosofo Grozio nel 1625. Un principio che si contrapponeva anche alle guerre di religione che all’epoca devastavano l’Europa. Ratzinger invece afferma che bisogna ragionare e comportarsi “Come se Dio fosse dato”: cioè anche per i non credenti deve valere il riferimento a Dio per giustificare i principi su cui si basa la convivenza umana, altrimenti tali principi sono senza fondamento. Ancora una volta è l’affermazione della supremazia della Chiesa, in contrapposizione al relativismo contro cui il Papa tedesco si è scagliato più di una volta. Il relativismo di cui parla Ratzinger però non è l’affermazione che ognuno fa quello che gli pare, ma l’affermazione che il fondamento del comportamento umano sta nell’uomo stesso. Per Ratzinger questo è inammissibile.
I principi generali che regolano la società, secondo Ratzinger, non vengono dalla Costituzione, perché le verità assolute non sono discutibili e devono determinare i comportamenti e le leggi umane ponendo limiti allo spazio in cui appunto la democrazia può agire. In sostanza si nega che i Parlamenti possano deliberare norme che negano tali principi generali, ma non perché essi basano il loro valore sulla Costituzione, che è la sintesi di una relazione politica e quindi fra uomini, ma perché tali principi vengono da Dio. Il che in pratica significa che è la Chiesa che pone dei limiti alla democrazia. Il quesito che alcuni si pongono se la religione, non solo quella cattolica, sia compatibile con la democrazia è un quesito legittimo.
Un altro esempio è l’enciclica “Caritas in Veritate”, firmata dallo stesso Ratzinger quando era Papa. In essa si afferma che la carità non ha a che fare solo con la cura delle condizioni sociali della persona, bensì con la persona integrale, quindi anche con i principi su cui si basa la concezione della vita, oltre che la verità della rivelazione divina. E’ sbagliato quindi pensare che sia possibile gestire e decidere come affrontare le questioni fondanti della società senza la guida della Chiesa. Su questo la Chiesa di Wojtyla e di Ratzinger aveva costruito in Italia un’alleanza politica con la destra gestita dal Cardinal Ruini in termini di sostegno politico in cambio di un riconoscimento dei principi della Chiesa come base di molte leggi dello Stato. La destra liberale per sua natura sarebbe areligiosa, ma ha bisogno dell’alleanza con la Chiesa, perché non basta il potere economico per affermare la propria egemonia nella società: c’è bisogno di un pensiero forte e radicato socialmente come quello della Chiesa Cattolica.
I commenti, al momento della morte del Papa emerito, hanno messo in evidenza la debolezza del pensiero laico. Troppi commentatori hanno ricordato le sue elaborazioni in merito alla ragione, come se queste fossero un riconoscimento del pensiero moderno, dimenticando o mettendo in secondo piano le affermazioni sulla prevalenza della fede e quindi falsificando di fatto il pensiero di Ratzinger. Non parliamo poi dei commenti dei politici quasi unanimemente spalmati come zerbini nell’esaltare la figura del tedesco. Anche noti intellettuali atei-razionalisti ne hanno evidenziato il valore intellettuale, forse anche per mettere in evidenza il proprio ego nel mostrare che sono in grado di confrontarsi allo stesso livello. In realtà in questa occasione è risultata evidente la debolezza del pensiero laico; in questo modo la Chiesa di Ratzinger ha avuto buon gioco per emergere come faro che spiega il mondo. Contro il pensiero debole si vince facile almeno sul piano teoretico/ideologico, sul piano del potere economico/politico è tutta un’altra storia.
Un aspetto, per concludere, va evidenziato su Ratzinger: le sue dimissioni. Il Papa precedente aveva deciso di morire da Papa nella sofferenza con un passaggio diretto dalla santità sulla terra alla santità nei cieli. Ratzinger, invece, mentre si sforzava di elevare l’istituzione chiesa nell’alto dei cieli, ha abbassato l’istituzione Papa ad un livello umano: cosa c’è infatti di più umano del pensionamento? Da questo punto di vista è stato un vero innovatore.
Gianni Paoletti

Pubblicato il 9 Gennaio 2023