Cutro, quanta indifferenza dopo la strage

Perché il ministro dell’Interno Piantedosi non si è scusato, dopo la strage di Cutro? Perché degli immigrati morti in mare non gliene importa nulla.
Perché la Meloni non ha visitato né le salme, né i sopravvissuti? Perché non gliene frega nulla. Infatti è andata a Cutro per dire che c’è chi va a cercare gli immigrati (la sinistra, le ONG), mentre il Suo Governo andrebbe a cercare i trafficanti (e non è vero, perché lei è andata a trattare con i trafficanti).
Perché, dopo il naufragio, è uscita in mare la Guardia di Finanza e non la Guardia costiera? Esattamente per eseguire la linea politica del Governo Meloni di cercare gli scafisti anziché gli immigrati.
Se in quel tratto di mare ci fosse stata una nave delle ONG, questa tragedia non ci sarebbe stata: questa è la differenza! Invece le ONG sono costrette a fermarsi nei porti più lontani dalle norme-ostacolo decretate dal governo e sottoscritte senza eccepire da parte del Presidente. Ecco il nesso più diretto fra le scelte scellerate del governo e la strage di Cutro. Il governo è poi andato a Cutro per la riunione del Consiglio dei Ministri non per trovare le soluzioni che impediscano tragedie come quella che ormai ha segnato la storia di quel paese e le coscienze dei suoi abitanti; ma, al contrario, per ribadire che se arrivasse un’altra barca in quelle condizioni, partirebbe di nuovo un’operazione di polizia alla ricerca degli scafisti, e che ancora una volta il governo non attiverebbe nessun salvataggio e se ne infischierebbe ancora, coerentemente, di eventuali morti.
Quando la Meloni con il piglio della statista donna, cristiana, fascista dice che la mission del governo è cercare i trafficanti, non si rende conto del ridicolo (del resto anche Mussolini, mutatis mutandis, quando assumeva i suoi atteggiamenti pettoruti, non si rendeva conto del ridicolo).
Il governo non può limitarsi ad esercitare ruoli di polizia, ma dovrebbe piuttosto governare e, quindi, cercare gli immigrati che servono al mercato del lavoro, garantendo il diritto d’asilo. Dovrebbe quindi fare il contrario di ciò che fa, vantandosene pure. Se il governo afferma che, per evitare le morti in mare, bisogna impedire le partenze, è come se dicesse di voler vietare la circolazione delle macchine per evitare gli incidenti stradali; non volendosi misurare con la realtà di un fenomeno di persone che scappano da situazioni drammatiche, pur rischiando la vita e pagando profumatamente i trafficanti.
Se si decide di spezzare la catena nel punto del traffico, significa che condannare chi fugge a rimanere prigioniero dei suoi aguzzini e torturatori, a morire nelle loro mani o a morire nelle condizioni di fame e miseria in cui sono nati. In questo modo ci si rende di fatto complici e responsabili di una strage molto più grande, di un crimine spaventoso contro l’umanità.
Al contrario, bisognerebbe affermare di voler organizzare le partenze con tutte le garanzie di sicurezza e di tutela dei diritti umani; occorrerebbe dichiararlo con la consapevolezza che, per farlo, è necessario investire risorse, agendo per riformare tutto il sistema. E questo vale anche per l’Europa, il resto del mondo ed anche, ovviamente, per il Regno Unito: perché non è vero che l’Inghilterra possa adottare le misure che ha proposto soltanto perché è uscita dall’UE. Le misure anti-immigrazione più indegne non sono infatti vietate soltanto dal diritto europeo, ma anche dal diritto internazionale.
Riformare il sistema significa organizzare un buon sistema di accoglienza in Italia, e significa anche riformare la nostra rete diplomatica. Oggi l’80% della nostra diplomazia è collocata in Europa, là dove sono presenti le nostre ambasciate più capillari ed equipaggiate. Soltanto il restante 20% è malamente dislocato nel resto del mondo. Nel Continente africano la nostra presenza diplomatica è insignificante, per non dire ridicola (il consolato a Dakar copre un territorio vastissimo dell’Africa Centrale subsahariana).
Sarebbe dunque urgente una riforma copernicana, di trasferimento di risorse, strutture e personale, dall’Europa (dove la funzione diplomatica è tendenzialmente vicina allo zero, in quanto “Europa unita” con Parlamento e moneta unica), verso i Paesi di immigrazione, proprio per poter collocare la rete diplomatica al servizio di un sano ed efficiente governo dei flussi migratori e della cooperazione internazionale.
Pensare che questo Governo (Meloni-Salvini-Tajani-Piantedosi) si possa misurare seriamente con questi temi è semplicemente inimmaginabile. Ci verrebbe da piangere o da ridere: possiamo auspicare, tuttalpiù, che non accada ciò che tutti danno per scontato: ossia che questo governo possa durare cinque anni.
Pietro Soldini

Pubblicato il 20 Marzo 2023