10 febbraio: la falsificazione del “ricordo”

Nel febbraio del 2004, intervistato in una trasmissione di Radio 2, Maurizio Gasparri, allora ministro delle telecomunicazioni, se ne usciva con una sparata che sarebbe rimasta nella leggenda: il numero complessivo degli infoibati dall’esercito di liberazione jugoslavo sarebbe stato di un milione (numero pari all’intera popolazione della Venezia Giulia, che nel censimento del 1936 ammontava a 1.001.719 persone). Ma questo era il clima di falsificazione di allora, teso a modificare la storia del confine orientale del dopoguerra e ad occultare le colpe del fascismo nei venticinque anni precedenti.
Infatti, pochi giorni dopo, il parlamentare neofascista triestino Roberto Menia vide approvata in Parlamento la sua proposta di legge (n. 92/2004) che istituiva il Giorno del Ricordo “in memoria delle vittime delle foibe, dell’esodo giuliano-dalmata, delle vicende del confine orientale e concessione di un riconoscimento ai congiunti degli infoibati”. Anche la data era significativa, il 10 febbraio, a pochi giorni dalla Giornata della Memoria (27 gennaio) quasi a chiudere in fretta le celebrazioni legate ad essa e a sminuirne la portata.
Si registrò in tale occasione un’ampia maggioranza: votarono infatti a favore tutti i Gruppi di centro-destra e purtroppo anche i Democratici di Sinistra e la Margherita (contro solo Rifondazione comunista e Comunisti italiani): 388 voti favorevoli, 13 contrari e 4 astenuti.
La portata delle foibe fu amplificata a dismisura e tuttora chi cerca di riportare questo dramma nelle giuste dimensioni e nel corretto contesto viene accusato di negazionismo. Così più recentemente nel 2019 il giornalista Paolo Mieli nella trasmissione televisiva “La Grande storia” potè ipotizzare “forse decine di migliaia, o addirittura centinaia di migliaia di vittime”. Lo stesso autorevole Centro di ateneo per i diritti umani dell’Università di Padova sul suo sito parla di “più di 10.000 persone uccise, gettate spesso vive nelle cavità rocciose”.
Naturalmente non ci fu nessuna prova di questo, i complicati (e a volte cinici) conti delle vittime non superano il migliaio, a meno che non si voglia valutare il numero complessivo degli italiani scomparsi in quel periodo, magari uccisi negli ultimi scontri a fuoco, che comunque sono stimati tra le 2500 e 3000 persone. Certo, un tragico bilancio, che però non supera per dimensioni le drammatiche “rese dei conti” accadute in altri parti d’Italia ad opera delle forze partigiane.
Unificare il ricordo “amplificato” (nell’orrore e nel numero) delle foibe con quello ben più complesso dell’esodo degli italiani dall’Istria è stata un’operazione tesa a ribaltare il senso della guerra di liberazione nel confine dell’Alto Adriatico, in cui più di 30 mila italiani si arruolarono e combatterono contro il nazifascismo nelle file dell’esercito di liberazione jugoslavo.
E’ utile concludere con le parole che lo scorso mese il Presidente dell’ANPI Pagliarulo ha pronunciato a Zagabria presso la Casa dei Giornalisti:
“In Italia c’è un giorno del ricordo dei crimini delle foibe e del dramma dell’esodo. Ma non c’è un giorno del ricordo dell’invasione italiana alla Jugoslavia; non c’è un giorno del ricordo dei massacri italiani che ne seguirono; non c’è un giorno del ricordo delle centinaia e centinaia di donne, partigiane, staffette o semplici cittadine seviziate e uccise dai nazifascisti in Italia; non c’è un giorno del ricordo dei crimini della X Mas italiana, che collaborava con i nazisti; non c’è un giorno del ricorso dell’occupazione della Carnia da parte delle armate cosacche al servizio del Terzo Reich; non c’è un giorno del ricordo degli oltre 600mila internati militari italiani in Germania (perché rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò, ndr), molti dei quali non tornarono. Non solo, c’è una sorta di cancellazione di tutto ciò dalla memoria pubblica, a cominciare dalle colpe mai espiate dei criminali di guerra italiani nella ex Jugoslavia. Non si faccia del Giorno del Ricordo in Italia un momento di ulteriore strappo, di divisione fra gli italiani e fra gli italiani, gli sloveni e i croati. Sia davvero una giornata di memoria osservante di tutte le memorie: delle foibe, dell’esodo, delle stragi operate in Slovenia e in Croazia, dei morti nei campi di internamento. Sia una giornata di rispetto e non di oltraggio, di analisi storica e non di propaganda, di fraternità e non di odio, di pace e non di guerra. Questo è il messaggio che ci permettiamo di inviare alle autorità italiane”.

Pierpaolo Brovedani
Sezione CGIL ANPI di Trieste

Pubblicato il 7 Febbraio 2023