“Serve un argine contro i fascismi”
Eliana Como ha concluso a Cinisi (PA) l’iniziativa organizzata dall’Area ‘Le Radici del Sindacato’ dedicata alla figura di Peppino Impastato: “Da Milei a Trump fino ai saluti romani a Dongo, ogni giorno viene infranto un limite, in nome dell’odio”
Due giorni di dibattito, culminato nella partecipazione alla consueta, partecipatissima manifestazione in ricordo di Peppino Impastato, trucidato dalla mafia il 9 maggio 1978. Eliana Como, Portavoce dell’Area ‘Le Radici del Sindacato’ Cgil, ha concluso i lavori all’hotel Magaggiari di Cinisi, facendo il punto su tre temi-chiave dell’attualità: la strage senza fine a Gaza, la campagna referendaria in vista del voto dell’8-9 giugno e il clima nerissimo attorno al decreto ‘sicurezza’ del governo Meloni.
Partiamo da Gaza: la situazione vissuta dal popolo palestinese va oltre ogni scenario lontanamente immaginabile…
Da 70 anni i palestinesi vivono un regime di apartheid: la Striscia era una prigione a cielo aperto da molto prima del 7 ottobre 2023. Ecco perché, di fronte alle decine e decine di migliaia di civili massacrati sotto le bombe israeliane, l’Europa è morta. E’ morta a Gaza, per effetto della sua complicità con gli assassini e perché ha perso la sua dimensione storica e politica. Francesca Albanese ha utilizzato un’espressione molto efficace per descrivere quanto sta accadendo in Palestina: se Gaza fosse un cadavere, ha detto, ci sarebbero le impronte dell’Europa. Di fronte ad uno scenario così drammatico, sento tutta la nostra impotenza, e mi riferisco anche al movimento pacifista. Il comunicato della Cgil su Gaza si indigna giustamente, citando la volontà di deportare la popolazione più volte auspicata da Netanyahu. Ma si conclude poi con un semplice appello al Presidente della Repubblica. Non può essere sufficiente: noi, come Cgil, dobbiamo fare la nostra parte per mobilitare l’Italia e l’Europa; dobbiamo dirlo che ci abbiamo almeno provato ad indire lo sciopero generale europeo. Perché la nostra storia ci consegna il ruolo di essere i fautori di un grande movimento. Ancor più di fronte alle menzogne che sentiamo da più parti: la solidarietà a Gaza diventa ‘antisemitismo’… Ha proprio ragione Gianni Barbacetto quando, qui a Cinisi, ha affermato che “il potere ci ruba le parole”. Noi dobbiamo ribadire con forza che la pace è pace, e che la politica di riarmo è antitetica e quindi non è accettabile.
Il secondo grande tema dell’attualità riguarda i referendum dell’8 e 9 giugno. Come ci stiamo arrivando?
Raggiungendo il quorum e prevalendo i ‘Sì’, non sconfiggeremmo certo la precarietà o chi vuole limitare drasticamente i diritti, ad iniziare da quello di cittadinanza. Ma la vittoria referendaria ci permetterebbe di compiere un passo in avanti in direzione dell’abolizione del privilegio. I cinque quesiti ci dicono infatti che i diritti o sono uguali per tutti o non sono. Ben prima del 2015 e del varo del Jobs Act i padroni hanno agito per spezzettare il mondo del lavoro: chi lavora a tempo determinato, ha meno diritti di chi lavora a tempo indeterminato; chi opera in regime di appalto ha meno diritti di chi sta in un’azienda committente e così via. La battaglia per l’Articolo 18 serviva proprio a difendere un argine. E invece, persa quella battaglia, anche chi ha un contratto a tempo indeterminato ha lasciato per strada buona parte dei suoi diritti, perché con due spicci può essere licenziato. Dobbiamo quindi stare in campo per vincere il referendum e ogni voto in più è un voto per la democrazia, per la cittadinanza, per la dignità e per i diritti di tutti.
Infine, il decreto ‘sicurezza’. Che non rende affatto più sicuri.
Bisognerebbe infatti chiamarlo ‘decreto paura’, perché la sicurezza è un’altra cosa e lo sappiamo bene noi che denunciamo ogni giorno le stragi sui luoghi di lavoro. Mentre a rischiare la galera, per decreto, è l’operaio che picchetta la sua fabbrica. Come Cgil ci siamo mobilitati con i movimenti lo scorso dicembre contro quell’abominio normativo e dovremo esserci anche il 31 maggio. Perché stiamo rischiando che ci seghino il ramo su cui siamo seduti. Aggiungo che Peppino Impastato sarebbe stato in prima linea in questa battaglia, inventandosi probabilmente qualcosa di meraviglioso in termini comunicativi. Questo decreto ci racconta anche altro: che, ogni giorno che passa, viene superato un confine di civiltà: Milei che vorrebbe distruggere i diritti con la motosega, mentre Trump immagina Gaza come una nuova Dubai. Non so dire se il fascismo sta bussando alle porte anche di questo secolo… probabilmente non lo sta facendo in camicia nera, bensì attraverso i tecnocrati, i cui programmi sono uniti dal sentimento dell’odio: contro i migranti, contro gli lgbtq-plus, contro la transizione ecologica. Noto però che, almeno in Italia, le camicie nere non mancano: le abbiamo viste a Dongo, a Milano e altrove. E’ l’aria che respiriamo che consente loro di riuscire dalle fogne. Noi dobbiamo dunque rappresentare un argine contro i fascismi. Perché, parafrasando Peppino, il fascismo è una montagna di merda.
Pubblicato il 16 Maggio 2025