Oltre il quorum, una spinta sociale per cambiare

Adriano Sgrò: “Il risultato del referendum impone di andare avanti, rilanciando l’idea di una vertenza generale. Non si tratta solo di un’agenda sociale da proporre, ma di costruire una piattaforma inclusiva, conflittuale e unificante”

Il referendum non ha raggiunto il quorum previsto dalla legge, ma quasi 15 milioni di cittadine e cittadini hanno espresso un voto consapevole e netto su temi cruciali come il lavoro e la cittadinanza. Questo dato, pur non avendo effetti vincolanti sul piano istituzionale, segna un passaggio politico e sociale di enorme rilievo: è il segnale che una larga parte del Paese non si riconosce più nell’attuale stato delle cose, e chiede un cambiamento concreto.

La mobilitazione che ha accompagnato questa campagna referendaria è stata straordinaria. Per settimane, in ogni angolo del Paese, si sono attivati comitati, associazioni, singole persone, costruendo una partecipazione ampia e dal basso. Non si trattava solo di sostenere un voto, ma di rimettere al centro il lavoro, i diritti, la giustizia sociale, in un tempo segnato da disuguaglianze crescenti e da un pericoloso senso di rassegnazione.

La CGIL ha scelto di esserci, rompendo una paralisi che da troppo tempo immobilizza il dibattito politico su questi temi. L’ha fatto non da sola, ma insieme a una pluralità di soggetti sociali: dal mondo del volontariato e dell’associazionismo cattolico a quello dei centri sociali, dai movimenti studenteschi ai comitati civici e territoriali. È da questa ricchezza di esperienze che oggi possiamo tracciare una nuova prospettiva collettiva.

Il risultato di questo referendum impone di andare avanti, rilanciando con forza l’idea di una vertenza generale. Non si tratta solo di un’agenda sociale da proporre, ma di costruire una piattaforma larga, inclusiva, conflittuale e unificante, capace di connettere le lotte frammentate che attraversano oggi il nostro Paese: contro i bassi salari, per il lavoro dignitoso, per la scuola e la sanità pubblica, per il diritto alla casa, per la riconversione ecologica, per la pace e contro ogni forma di guerra.

Una vertenza generale non è uno slogan, è un obiettivo politico ambizioso e necessario. È lo strumento con cui provare a ricomporre socialmente ciò che la precarizzazione ha diviso, restituendo protagonismo a chi lavora, studia, cura, educa, a chi ogni giorno tiene in piedi questo Paese. Significa rivendicare una cittadinanza piena e universale, che non sia solo un atto amministrativo ma una condizione concreta di uguaglianza e partecipazione.

La questione della cittadinanza, infatti, è stata uno dei cuori pulsanti di questa campagna. Parlare di cittadinanza oggi significa parlare di accesso ai diritti, di dignità, di inclusione. Ma significa anche decidere da che parte stare, in un tempo in cui troppi vengono lasciati indietro.

Questo voto ha mostrato che un altro Paese esiste già, fatto di energie vive, di reti solidali, di soggetti collettivi che non si accontentano più. È da qui che dobbiamo ripartire. Il mancato quorum non è una sconfitta: è la conferma che una nuova stagione di impegno sociale e politico è possibile e necessaria. E che la forza per aprirla esiste.

Adriano Sgrò

Pubblicato il 13 Giugno 2025