GKN, prove generali di un futuro diverso
Partecipatissimo festival della letteratura ‘working class’ organizzato dal Collettivo di Campi Bisenzio
“La GKN è già storia. L’unica cosa che non è ancora decisa è se entrerà come resistenza di un mondo ormai sconfitto o come la prova che le apparenze ingannano, e che il capitalismo avanzato che domina il mondo non ha ancora vinto. Come le prove generali di un futuro diverso”. Le parole dello storico Alessandro Barbero si infilano come un cuneo nella storia della lotta operaia più lunga e strutturata degli ultimi decenni, quando oltre cento operai rimasti nella GKN aspettano le lettere di licenziamento.
La storica fabbrica ex Fiat di Campi Bisenzio è sferzata da folate di aria gelida, dopo una storia iniziata agli albori del Novecento, profondamente intrecciata con le vicende del movimento operaio fiorentino. La società QF, che è subentrata al fondo di investimento Melrose nella gestione, se tale può essere definita, nell’incontro al tavolo che si è tenuto il 31 marzo con la Regione Toscana e le organizzazioni sindacali, non ha fatto aperture su nulla. Un muro di gomma, una raffica di no. Peggio, dopo le lettere di licenziamento la società QF farà trattative con i singoli operai ancora senza lavoro, offrendo loro incentivi per andarsene. Un feroce moloch, che ha lasciato le maestranze oltre un anno senza stipendio.
Eppure al Festival della Letteratura working class organizzato a Campi Bisenzio dal 4 al 6 aprile si è respirata aria di primavera. Se Questo lavoro non è vita, che è il titolo del libro dell’operaio ex GKN Dario Salvetti, si prova a progettarne un altro, con la fabbrica che rinasce come produttrice di pannelli solari e gestita dal Collettivo. Anche se il piano di reindustrializzazione elaborato dal basso è ancora in attesa di potere partire, la folla di partecipanti non è andata al festival solo per vincere una vertenza, ma “per partecipare coi libri alla lotta di classe ed abbattere le barriere che recintano la letteratura e l’editoria, escludendo le persone prive di capitale culturale”
Il Festival è alla terza edizione. Dopo le Genealogie del 2023 (il passato) e le Geografie del 2024 (il presente), adesso è veramente la volta delle Prospettive del 2025, perché i lavoratori GKN sanno che dovranno coniugare i verbi al futuro. “Contro il realismo capitalista, che ci schiaccia su un presente che non passa mai e puzza di guerra e sfruttamento, noi saremo tutto, come recita uno slogan del movimento sindacale nordamericano”. Gli sponsor della manifestazione culturale non sono aziende e banche, ma sta in piedi grazie al sostegno di oltre 500 persone tramite crowfunding e al contributo militante di volontari, relatori e relatrici.
In questa ‘tre giorni’ si sono succeduti dodici panel di discussione letteraria, seguiti da momenti di riflessione importante da parte degli “elefanti nella stanza”: alcune delle lotte sociali che hanno attraversato il nostro paese, due concerti e un corteo, perché a un certo punto tutti si sono alzati dalle sedie e hanno composto un corteo fino al centro di Campi Bisenzio, per una fabbrica non inquinante, di pubblica utilità e integrata nel tessuto sociale.
La letteratura working class è di chi non è nessuno, però fa tutto. E’ di chi costruisce le città, di chi fa manutenzione degli impianti, di chi ci permette di accendere la luce e di preparare da mangiare, di chi era costretto a lavorare durante il covid, e non poteva scioperare. E’ la classe lavoratrice, il sale della terra, di cui per anni l’arte si è dimenticata l’esistenza, e noi stessi ci siamo dimenticati di cercarla nell’arte, protagonisti inconsapevoli di ciò che muove veramente il mondo. Nessuno lo faceva, se non a volte in modo caricaturale e macchiettistico. Il festival letterario è, in questo senso, una vera e propria presa di coscienza di classe.
Non è facile a Campi Bisenzio scegliere il cosiddetto ‘livre de chevet’, il libro da tenere sul comodino tra le oltre venti storie di vita ed opere presenti, e non è possibile in questo spazio menzionare tutti, anche se lo meriterebbero. Quindi scegliamo, con profondo senso di colpa, solo tre sessioni: la prima Scrivere servendo tra i tavoli, ha affrontato il retro dello storytelling di successo attribuito agli chef stellati, raccontando le storie di sfruttamento e di fatica del mondo della ristorazione nella presentazione del libro Risto Reich di Luigi Chiarella, cameriere immigrato in Austria, e della graphic novel Nero vita, scritta e illustrata dalla cameriera polacca Daria Bogdanska.
Scrivere respirando polveri tossiche ha invece ripercorso la tormentata storia dell’Ilva e di tutta la città di Taranto che, in nome di progresso e prosperità, nei primi anni sessanta si vide sradicare intere distese di ulivi secolari per ospitare la più grande acciaieria europea. Dalla prospettiva di un lavoro stabile per migliaia di famiglie un’intera comunità si ritrova sola con il colosso, in crisi profonda e con un’eredità ambientale pesantissima, di morti sul lavoro e di tumori diffusi tra la popolazione. Ne hanno discusso Raffaele Cataldi, autore di Malesangue. Storia di un operaio dell’Ilva, Virginia Rondinelli (comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti di Taranto), Michele Riondino, tarantino egli stesso ed attore e regista del celebre film Palazzina Laf. Eugenio Raspi, nel suo libro Inox, scrive sui rapporti difficili e contorti tra colleghi di lavoro dopo un grave infortunio in un’acciaieria di Terni.
Infine, scegliamo di menzionare la sessione Scrivere dai territori deindustrializzati, coordinata dalla Portavoce nazionale dell’Area ‘Le Radici del Sindacato’ CGIL, Eliana Como. In questa sezione siamo diventati storie, le storie a cui abbiamo appartenuto, le storie che abbiamo ascoltato da una classe operaia che non c’è più. Qui è intervenuto il già citato Raspi, insieme a Maurizio Maggiani, autore de il Romanzo della Nazione, che racconta della costruzione di un grande cantiere, e di come ingegneri e manovali, cuoche e ricamatrici abbiano portato avanti destini e speranze comuni, gente che sognava mentre lavorava, fondando una nazione e qualche utopia. E poi Alberto Prunetti, direttore artistico del Festival e autore del libro Troncamacchioni, in cui trovare “l’epica stracciona dei diseredati che non possono permettersi il lusso delle emozioni interiori, la storia degli ultimi che hanno fatto la storia. I protagonisti di queste pagine, se splendono, è per il quarzo dei loro denti di granito”.
Ma, a quasi quattro anni da quel 9 luglio 2021 in cui, senza alcun preavviso, furono licenziati 422 operai della GKN Driveline Firenze, non siamo ancora giunti alla deindustrializzazione del quartiere e non siamo ancora giunti al finale di partita. Il finale deve essere ancora scritto e proseguirà su due piani. Uno, quello giudiziario, per ottenere le dovute spettanze. L’altro è quello del Consorzio e della rinascita, perché non si è ancora vista un’azienda che si sia fatta carico della GKN e delle sue preziose professionalità. Con buona pace di chi ripone ogni aspettativa nella nostra classe politica e imprenditoriale, una comunità operaia guarda avanti discutendo per tre giorni di letteratura, di un vecchio mondo che licenzia e di uno nuovo che sta per nascere.
Davide Vasconi
Pubblicato il 15 Aprile 2025